Scusate la polvere by Renata Pucci di Benisichi;

Scusate la polvere by Renata Pucci di Benisichi;

autore:Renata Pucci di Benisichi; [Benisichi;, Renata Pucci di]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788838945076
editore: edigita
pubblicato: 2013-10-14T22:00:00+00:00


Ma la lingua si scioglieva in difesa del proprio operato, per discutere sulle regole di cottura o l’amalgama delle dosi o la quantità del sale. Cessava il rapporto di dipendenza e si apriva una disputa d’accademia: «Non si è mai sentito dire di una pasta con le sarde con salsa di pomodoro» diceva altera mia zia, con un piccolo ghigno di scherno. «Ma ci vogliamo mettere a fare la pasta con le sarde come il popolino palermitano? questa ci voleva!». «Voscenza mi permette, ma la principessa Giuseppina la ordinava sempre così». «Mi meraviglio per la principessa» reagiva mia zia, già battendo in ritirata, che sarebbe stata grave mancanza di tatto coprire di insulti l’ignara principessa, parlando a un cuoco. «A casa mia non si è mai fatto!». La solennità della frase si addiceva a una questione di onore, e in queste ultime parole, veramente la baronessa mia zia metteva in palio la sua stessa lealtà per averla vinta nella disputa.

Le case erano grandissime, senza lo sfarzo dei saloni, degli ori e delle sete dei grandi palazzi palermitani, ma infarcite di scale e scalette, stanze, stanzette e sotterranei. Nelle giornate torride le mie cugine ed io, accovacciate in cantina sulle pietre freschissime del pavimento stavamo sedute in cerchio a leggere Guido da Verona. Tornavamo su ubriache per gli effluvi delle botti. La trasgressione aveva bisogno di un luogo segreto per unirci ancora di più nell’inviolabile congiura:

... Nel mio cortile abitava una bella

che si chiamava Nadila Nadì.

Tutte le sere suonava la guzla

per divertirsi,

Nadila Nadì.

Anche arrampicarsi in alto fino alle modestissime stanze delle cameriere era un’altra spedizione eccitante. Mai ho visto la stanza del cuoco o del cameriere; ma, a pensarci bene, dove dormivano?

La cucina era enorme, preceduta da varie anticucine, seguita dalla stanza del forno e dai ripostigli vari. Accanto agli antichi fornelli troneggiava uno scuro parallelepipedo di ghisa arricchito in giro da una barra di acciaio cromato. Sulla sua superficie si aprivano i vuoti dei fornelli delimitati da anelli concentrici che avrebbero così formato le varie ampiezze dei fuochi per le diverse pentole. Al centro, dentro il ventre della cassa di ghisa, le legna ardevano dal mattino, con un eterno calore. La cucina non era mai allo stesso piano della stanza da pranzo; a «mezza scala», come abbiamo detto, cioè tra il piano di rappresentanza e la sala da pranzo o, raramente, come da mia nonna, in cima a una scala che là si spegneva, o giù negli abissi, dove la luce pioveva dall’alto delle pareti munite di finestrini e finestrelle con le porte che si aprivano sui cortili interni da dove entravano legna e provviste.

Troverete tracce di questi regni anche nei grandi palazzi palermitani come la Kalesa, Palazzo Gangi, Palazzo Butera, Palazzo Mazzarino, Palazzo Mirto, Camporeale, Villa Tasca a Camastra, Villa Trabia, Villa Bordonaro, e nei palazzi Sgadari a Ganci, Pucci e di Granara a Petralia, di Carpinello a Polizzi.

La distanza della cucina dalla stanza da pranzo non portava altro che vantaggi, assenza di odori di cottura o di rumore



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